Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico) l’ansia assume un carattere patologico quando diviene la risposta prevalente alle varie situazioni della quotidianità: ossia quando diviene pervasiva.

Esempi di risposte comportamentali ansiogene sono l’evitamento, il procrastinare impegni, il ritiro…  Cerchiamo di capire meglio come affrontarla e vincerla.

Le tre professioniste che hanno contribuito alla stesura di questo articolo

L’ANSIA DA PRESTAZIONE 

Dr.ssa Cecilia De Sarno Prignano 

Possiamo definire l’ansia come quello stato emotivo spiacevole evocato dalla paura/ timore di non essere in grado di affrontare una situazione in cui siamo chiamati a rispondere o ad agire. L’ansia è dunque una risposta dell’organismo (mente-corpo) che ci porta ad attuare comportamenti più o meno pertinenti in relazione all’ambiente in cui ci troviamo.

Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico) l’ansia assume un carattere patologico quando diviene la risposta prevalente alle varie situazioni della quotidianità ossia quando diviene pervasiva. Esempi di risposte comportamentali ansiogene sono l’evitamento, il procrastinare impegni, il ritiro… Mentre a livello psicologico essa si può manifestare attraverso la confusione mentale, senso di affaticamento e spaesamento, crisi di pianto e aggressività.

A livello relazionale si può manifestare con la richiesta di rassicurazioni continue, con l’autoaccusa e tramite l’espressione di sentimenti di colpa. L’ansia non ha età e come poco sopra specificato non ha solamente delle implicazioni cliniche ma anche educative tant’è che sempre più frequentemente la si riscontra nella sua accezione negativa anche tra i più giovani.

A scuola ad esempio capita che alcuni bambini e ragazzi sperimentino questo stato emotivo spiacevole nel momento in cui devono affrontare discipline come la matematica, le lingue straniere ma anche durante l’esposizione di testi narrativi o di carattere storico. La letteratura ha evidenziato che spesso in questi casi l’ansia dipende maggiormente da una mancanza di autostima e da una spiccata sfiducia nelle proprie abilità, la cui origine è troppo spesso rintracciabile nel criticismo genitoriale come in quello degli insegnanti, nonché nel mancato supporto emotivo ed empatico da parte degli adulti di riferimento.

Ad esempio nei bambini e ragazzi con disturbo specifico dell’apprendimento, che manifestano spesso stati di ansia negativa, si sono rivelati utili interventi di potenziamento rivolti ai livelli essenziali della comprensione, attraverso l’organizzazione degli appunti, schemi e mappe oltre ad un training teatrale per supportare il senso di autoefficacia, l’espressione personale nonché la rielaborazione degli apprendimenti. Dallo studio è emerso che attraverso il benessere emotivo è possibile promuovere un apprendimento efficace e duraturo.

L’ANSIA DA PRESTAZIONE NEL RAPPORTO GENITORI-FIGLI

Dr.ssa Veronica Conte

Le nuove generazioni e i loro genitori sono immersi in una società dell’immagine e dell’individualismo, che alimenta aspettative di ideali di bellezza, successo e popolarità. Da ideali irraggiungibili scaturiscono senso di fallimento, vergogna, inadeguatezza. Può nascere una vera e propria ansia da prestazione, una condizione emotiva che può manifestarsi sin dall’infanzia.

Numerosi studi hanno dimostrato che gli adolescenti hanno una probabilità maggiore di provare ansia da prestazione e di sperimentare sintomi fisici di questo disturbo.

Esistono due tipi di ansia da prestazione:

– l’ansia da prestazione interna –

obiettivi interni personali, valori, spinta interiore verso il raggiungimento di  un determinato obiettivo. È positiva e conduce alla crescita personale e alla soddisfazione. Quando è eccessiva comporta stress e ansia.

– l’ansia da prestazione esterna – aspettative altrui, competizione, premi e punizioni. Può spronare a lavorare sodo e raggiungere obiettivi, ma può causare anche ansia e insoddisfazione, tipicamente se non in linea coi propri valori e interessi. 

Impegnarsi per raggiungere degli obiettivi e ottenere risultati positivi in tutti i contesti di vita aiuta sicuramente a crescere e a migliorarsi; una sana ambizione è utile, ma non bisogna nutrire aspettative troppo elevate, altrimenti ogni situazione rischia di diventare fonte di stress. 

Un’eccessiva pressione sui risultati può provocare nel tempo un senso di angoscia incidendo negativamente su qualsiasi attività, per paura di come potrebbe andare e di deludere le aspettative degli adulti.

Succede spesso che i genitori non capiscano da dove nasca l’ansia che i figli esperiscono per le prestazioni scolastiche, sportive o relazionali, ripetendo frasi del tipo “a noi non interessano i voti, non mettiamo in punizione”.

Può essere che gli stessi genitori non siano consapevoli di svolgere una vita alla ricerca della perfezione e che abbiano pretese molto alte verso se stessi, trasmettendo credenze e atteggiamenti di un certo tipo e creando un’implicita pressione.

A volte il confronto nasce tra fratelli, specie se uno dei due risulta più competente. Oppure dalla posizione lavorativa di rilievo assunta dai genitori. I genitori stessi possono sentirsi osservati e giudicati dal mondo nel ruolo genitoriale, per cui possono ritenersi bravi se il figlio per esempio eccelle nei risultati scolastici o sportivi.  Altre volte, l’aver sviluppato una scarsa autostima e insicurezza, non permette ai ragazzi di affrontare le situazioni prestazionali in maniera positiva e può portare anche all’evitamento delle stesse. 

Risulta utile individuare eventuali stili educativi disfunzionali:

– Stile Iperprotettivo – i figli non devono ricevere mai nessuna frustrazione, il genitore non vuole compiere alcun errore. Questo stile genera bambini e adolescenti ansiosi, non pronti ad affrontare situazioni nuove;

– Stile Iperansioso – i genitori vedono pericoli dappertutto, di conseguenza l’adolescente sarà pauroso e insicuro;

– Stile Ipercritico – si innesca nel bambino la paura di sbagliare, la paura di deludere, isolamento sociale e bassa autostima;

– Stile Perfezionistico – i genitori credono che sia necessario riuscire in tutto e il valore del ragazzo dipende dai successi che riesce a raggiungere. Le aspettative sono elevate, tutto ciò porta quindi l’adolescente ad essere in ansia quando, ad esempio, vi è una prestazione scolastica e la possibilità di sbagliare è vissuta come una catastrofe. È importante una consapevolezza da parte dei genitori così che possano sostenere i figli nella ricerca di un equilibrio tra l’aspirazione all’eccellenza e la tolleranza degli errori.

Sono essi stessi dei modelli da cui i figli possono imparare la gestione dell’ansia. È fondamentale sostenere i figli nelle proprie scelte, le quali dovrebbero rispecchiare il loro modo di essere e i loro interessi.

Bisogna aiutarli a porsi degli obiettivi realistici e a dare un valore positivo all’impegno; capire le aree in cui riescono da soli e quelle in cui potrebbero avere bisogno di un po’ di supporto, spronandoli a migliorarsi senza pretendere più di quanto possono fare, per sostenere sempre l’autostima e la fiducia in se stessi.

Non bisogna fare paragoni con gli altri, ma sottolineare i punti di forza e le risorse del figlio. In questo modo si può costruire un concetto di sé positivo, prestando maggiore attenzione al valore personale per quello che si è nel profondo. 

L’ANSIA DA PRESTAZIONE NELLO SPORT

Dr. Paolo Ammendola

L’ansia da prestazione nello sport è un fenomeno comune che colpisce molti atleti, sia amatoriali che professionisti. Si tratta di una forma di ansia che emerge prima, durante o dopo una competizione, e che può influenzare negativamente le performance.

Questo tipo di ansia può essere legata alla paura di fallire, al timore di non soddisfare le aspettative (personali o degli altri) o al desiderio di ottenere un risultato perfetto. L’ansia da prestazione è una reazione psicologica che può manifestarsi come preoccupazione eccessiva, tensione muscolare, battito cardiaco accelerato, sudorazione e difficoltà di concentrazione. In ambito sportivo, essa si verifica quando un atleta teme di non essere in grado di esprimere il proprio massimo potenziale o di non rispettare le aspettative di allenatori, compagni di squadra o pubblico.

Questa ansia può manifestarsi in vari modi. Alcuni atleti potrebbero provare nervosismo o tensione prima di una competizione, mentre altri potrebbero vivere una costante paura del fallimento che influisce sulle loro prestazioni. In alcuni casi, l’ansia da prestazione può addirittura impedire a un atleta di competere con il massimo delle proprie capacità, portandolo a fallire.

Le cause dell’ansia da prestazione nello sport possono essere molteplici. Tra le più comuni troviamo:

– Pressione esterna – gli atleti possono sentirsi sotto pressione a causa delle aspettative di allenatori, sponsor, familiari o tifosi. Questa pressione può essere particolarmente forte nei momenti decisivi, come le competizioni importanti o le finali.

 – Autocritica e perfezionismo – gli atleti che hanno standard elevati per se stessi e desiderano la perfezione possono diventare eccessivamente critici nei confronti del proprio lavoro. Questo può portare a una paura irrazionale di fallire, che a sua volta alimenta l’ansia.

– Esperienze passate negative – se un atleta ha vissuto un’esperienza negativa in passato, come un fallimento o un infortunio, potrebbe essere più incline a sviluppare ansia da prestazione. La paura di ripetere l’errore o di non riuscire a superare il precedente insuccesso può ostacolare il rendimento.

– Confronto con gli altri – il confronto con gli avversari o con altri atleti di pari livello può aumentare l’ansia. La competizione, pur essendo una parte essenziale dello sport, può anche generare preoccupazioni su come gli altri percepiscono le proprie capacità.

I sintomi dell’ansia da prestazione possono variare da persona a persona, ma in genere includono:

– Fatica e tensione muscolare – un corpo teso può ridurre l’agilità e la coordinazione durante la competizione. 

– Problemi di concentrazione – l’ansia può distrarre l’atleta, impedendogli di concentrarsi sulla performance. 

– Sonnolenza o insonnia – l’eccessivo stress può interferire con il sonno, riducendo l’energia disponibile per la performance. 

– Aumento della frequenza cardiaca – questo può portare a una sensazione di panico o ad una reazione fisica che limita il controllo dell’atleta sul proprio corpo. 

– Disturbi gastrointestinali – in alcuni casi, l’ansia si può manifestare attraverso mal di stomaco, nausea o altri sintomi digestivi.

Come gestire l’ansia da prestazione?

– Tecniche di rilassamento – respirazione profonda, meditazione e visualizzazione sono alcune delle tecniche che gli atleti possono utilizzare per ridurre la tensione e calmare la mente. La visualizzazione, in particolare, consiste nel “vedere” mentalmente una performance di successo prima dell’effettiva competizione.

– Preparazione mentale – un buon allenamento mentale, che includa la gestione delle emozioni e la creazione di una mentalità positiva, può essere fondamentale per ridurre l’ansia da prestazione. Gli atleti possono lavorare con psicologi dello sport per migliorare la loro resilienza mentale.

– Accettazione del fallimento – imparare ad accettare che il fallimento fa parte del percorso di crescita può ridurre la paura di sbagliare. Ogni esperienza, positiva o negativa, è un’opportunità per migliorare.

– Fissare obiettivi realistici – stabilire obiettivi raggiungibili e misurabili, piuttosto che cercare la perfezione assoluta, aiuta a ridurre la pressione eccessiva. Concentrarsi sul processo piuttosto che sul risultato finale può alleviare parte della tensione.

– Supporto sociale – parlare con amici, familiari o colleghi atleti può aiutare a mettere in prospettiva la situazione. Un sistema di supporto solido può fungere da valvola di sfogo e fornire il sostegno emotivo necessario.

L’ANSIA DA PRESTAZIONE IN TERAPIA

Dr.ssa Sandra Casadei 

Esistono tecniche terapeutiche innovative per allentare e superare l’ansia da prestazione, perché non sia così invalidante e pervasiva nella vita quotidiana. Partiamo dal presupposto che noi siamo fatti di più parti: una più sana e saggia, il nostro comandante supremo, una sorta di “regolatore emotivo interno”, e varie parti più fragili, il naturale risultato delle nostre vicende di vita e delle nostre memorie interne; tra queste abbiamo anche l’ansia da prestazione, che potremmo definire la “voce” del nostro giudice interiore! 

Quando una persona soffre di ansia da prestazione, significa che il nostro giudice interiore sta prendendo il sopravvento, sta “alzando il volume”, mettendo a tacere il  saggio comandante, che perde le redini della situazione, fino ad arrivare a picchi eccessivi di ansia e a volte agli attacchi di panico.

Spesso si attivano meccanismi di negazione o rifiuto nei confronti delle proprie fragilità, peggiorando la salute mentale ed emotiva della persona. In terapia è possibile  portare il paziente all’ascolto e alla consapevolezza della propria ansia, attraverso visualizzazioni, la Mirror Therapy (terapia dello specchio), la Mindfulness, la Mindfulness Psicosomatica e altre strategie.

L’obiettivo è osservare internamente la propria ansia da prestazione da una prospettiva “sicura”,  per poterla accogliere, quindi elaborare e integrare nella propria persona. Al contempo, con l’aiuto dell’EMDR, tecnica neuropsicologica di desensibilizzazione che consiste nella stimolazione cerebrale bilaterale, si possono sciogliere traumi o pensieri negativi intrusivi, associati all’ansia da prestazione, in modo da lasciare spazio a pensieri ed emozioni più sane e positive.

Il fine ultimo è sintonizzare il paziente su un funzionamento più sano, equilibrato, armonioso… Lasciando sullo sfondo le interferenze della mente e del cuore, che a lungo andare sganciano la persona dalla propria essenza più profonda, fatta di leggerezza ed entusiasmo di vivere. 

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